26 agosto – Festa del Beato Domenico Barberi

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Un incontro provvidenziale: Newman e i Passionisti

di Adolfo Lippi c. p.

“Non tema, signore, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa”. Questa frase, pronunciata da Pio XII in un incontro confidenziale con Jean Guitton[1], dice tutto sulla stima che questo papa aveva del cardinal Newman. Una stima simile ne aveva Paolo VI[2]. Giovanni Paolo II si è richiamato varie volte a Newman anche in documenti ufficiali. Basterebbe ricordare, per tutti, la Fides et ratio dove viene citato al primo posto fra i pensatori moderni che illuminano il rapporto fra Parola di Dio e ragione umana (n. 74). L’attuale Pontefice Benedetto XVI è stato da sempre un estimatore e uno studioso di Newman[3]. Ma quello che più colpisce è che lo stesso San Pio X, proprio dopo la pubblicazione dell’enciclica Pascendi, in un tempo in cui molti modernisti si appellavano a Newman come a loro precursore, difendesse l’ortodossia e la santità del Newman[4]. Anche se non è ancora stabilito il giorno, si prevede che quest’anno avverrà la beatificazione del cardinal John Henry Newman. E’ questa una grande gioia per tutti coloro che leggono le sue opere e la sua biografia e sono da sempre convinti della santità oltre che della profondità intellettuale di questo uomo.

Newman e San Paolo della Croce

Nella Congregazione della Passione desideriamo mettere in evidenza l’apporto che essa ha dato al passaggio del Newman alla Chiesa cattolica. Normalmente, quando si dice questo, si pensa al beato Domenico Barberi e alla celebre notte dell’8-9 ottobre 1845 nella quale Domenico accolse Newman nella Chiesa. Gli storici antichi, che peraltro erano più prossimi ai fatti, amavano presentare in modo drammatico gli eventi di quella notte, cosa che invece non fece mai il beato Domenico, sempre semplice e schivo di parlare di sé. Alfonso Capecelatro, ad esempio, che era oratoriano e futuro cardinale, nel bel libro su Newman e l’Inghilterra del suo tempo scritto dieci anni dopo la morte di Domenico, così descrive l’avvenimento:

“Dalgairns invitò certo P. Domenico della Madre di Dio, provinciale dei passionisti, a recarsi da Aston-Hall in Littlemore, dicendogli solo che era chiamato a compiere un’opera in servigio di Dio: questi inconsapevole accorse. Parvegli presentire che ogni indugio potesse tornare di gran danno all’ufficio cui era chiamato: e però per uno orribile tempaccio senza più si pose in viaggio in una vettura scoperta. Sostenne cinque ore di dirottissima pioggia e, come piacque a Dio, tutto immolato giunse alfine notte tempo a Littlemore. Non così tosto fu entrato nella romita dimora di quegli uomini ferventi di cui era fama in tutta l’Inghilterra, ecco che il Newman umilissimamente gli si getta ai piedi, dicendogli che ei di là non si leverebbe, se prima non lo avesse benedetto e ricevuto nella Chiesa di Gesù Cristo”[5].

Ma non c’è soltanto questo. Credo che prima di Domenico sia stato lo stesso santo Fondatore Paolo della Croce a colpire il Newman. Nei suoi scritti si avverte come uno stupore di fronte ad alcuni fatti nei quali egli percepisce la presenza del Mistero, l’azione stessa di Dio. Newman non era certamente facile a supporre tale azione ed a parlarne alla leggera, come si sente fare tanto spesso anche negli ambienti cristiani. Però esprime la sua meraviglia per il fatto che Paolo della Croce si sia sentito spinto a pregare per tutta la sua vita per una nazione lontana come l’Inghilterra, con la quale non aveva alcun rapporto umano. Il romanzo Loss and Gain è da considerarsi a questo proposito molto significativo. Esso fu pubblicato appena tre anni dopo il passaggio di Newman alla Chiesa cattolica, nell’entusiasmo della conversione. In esso, parlando di Paolo della Croce, Newman scrive:

“Per anni e anni il cuore di padre Paolo si espandeva ad abbracciare una nazione del nord, con la quale, umanamente parlando, non aveva niente a che vedere. Di fronte alla chiesa dei santi Giovanni e Paolo, che è la casa madre dei Passionisti sul Celio, sorge l’antica chiesa e monastero di San Gregorio, che è il grembo, per così dire, del cristianesimo inglese. Lì era vissuto quel grande santo, noto come l’apostolo dell’Inghilterra, che fu poi chiamato alla cattedra di San Pietro; e di qui partirono, durante e dopo il suo pontificato, Agostino, Paolino, Giusto, e gli altri santi che hanno convertito i nostri barbari antenati. I loro nomi, che ora appaiono scritti sulle colonne del portico, sembrava quasi che si staccassero dalle colonne e scendessero ad incontrare il venerabile Paolo; perché, strano a dirsi, quando pregava pensava all’Inghilterra; e negli ultimi anni della sua vita, dopo una visione che ebbe durante la messa, parlava dei suoi «figli» in Inghilterra, come se fosse stato Agostino o Mellito”[6].

A parte qualche imprecisione storica notata dai biografi – del resto si tratta sempre di un romanzo – traspare da questa descrizione qualcosa che aveva profondamente impressionato l’animo di Newman.

Newman e P. Ignazio (Giorgio) Spencer

C’è un altro passionista, poi, che indubbiamente colpì lo spirito del Newman: si tratta di Giorgio Spencer, pastore anglicano di nobile famiglia (la stessa di Lady Diana) che era entrato nella Chiesa cattolica già dal 1830. Questi conobbe a Roma il Barberi e, certamente influenzato anche da lui, si dette a propagandare, per tutta l’Europa, una crociata di preghiera per il ritorno dell’Inghilterra alla Chiesa cattolica. Leone XIII ricordava molti anni dopo, insieme a San Paolo della Croce, gli incontri che ebbe con Giorgio Spencer, divenuto P. Ignazio del Cuore di Gesù, alla nunziatura di Bruxelles[7]. Giorgio Spencer divenne passionista nel 1846, due anni prima che Newman pubblicasse il suo romanzo.

E’ da notare che Spencer, dopo il suo passaggio alla Chiesa cattolica nel 1830, mantenne i contatti con gli Anglicani, specialmente con i membri più attivi nel Movimento di Oxford, invitandoli a pregare insieme per l’unità, cosa certamente non comune in quei tempi. Il P. Paulinus Vanden Bussche, che ha scritto un’ottima biografia dello Spencer[8], fa osservare che quest’ultimo non poté certamente favorire l’ingresso di Newman nella Chiesa Cattolica, poiché negli anni precedenti alla sua conversione, Newman vedeva molto male lo Spencer e i leaders della Chiesa Cattolica in quanto appoggiavano i liberali in Inghilterra e in Irlanda. Nuovi contatti cominciarono dopo il passaggio di Newman al Cattolicesimo. Quella di P. Paulinus è certamente una precisazione storica molto utile. Dalla sua biografia risulta che il rapporto fra Spencer e Newman in quegli anni fu molto complesso e difficilmente riassumibile in poche righe. Tuttavia tanto Newman quanto altri del Movimento di Oxford fecero proprio l’invito alla preghiera per l’unità.

Il romanzo Loss and Gain fu scritto da Newman dopo la sua conversione. Newman pensa indubbiamente a Spencer quando fa incontrare il protagonista del romanzo, Charles, con il suo amico Willis, passato prima di lui al cattolicesimo e diventato passionista col nome di P. Aloysius. C’è una frase, ispirata a Sant’Agostino, che un po’ esprime ed un po’ nasconde l’ammirazione di Newman per Spencer. Proprio nell’ultima pagina del romanzo, il protagonista Charles dice all’amico Willis diventato passionista, il quale ammira la freschezza dei sentimenti del neoconvertito:

“No, Willis, tu hai scelto la parte migliore per tempo, mentre io ho indugiato. Troppo tardi ti ho conosciuta, verità antica, troppo tardi ti ho trovata, prima e unica bellezza”[9].

Il Beato Domenico Barberi e Newman

E veniamo, finalmente, a Domenico Barberi. Anche qui ciò che possiamo e dobbiamo evidenziare è lo stupore di Newman di fronte all’umile passionista. Ci sono tre brani di Newman che si possono prendere in considerazione a questo proposito. Il più ampio si trova sempre nel romanzo citato, dove Newman, dopo aver parlato di Paolo della Croce, passa a parlare dei suoi figli giunti in Inghilterra, come egli aveva previsto. Scrive:

“Era abbastanza strano che nel cuore di Roma ci fosse anche un solo italiano che accarezzava a quel tempo il sogno ambizioso di avere dei novizi o dei convertiti in questo paese; ma dopo la morte del venerabile fondatore, l’interesse speciale che egli aveva avuto per la nostra isola lontana si manifestò in un altro membro del suo ordine. Sugli Appennini, presso Viterbo, viveva agli inizi di questo secolo un pastorello, che fin dall’infanzia pensava al cielo; un giorno, mentre pregava davanti ad una immagine della Madonna, ebbe il vivissimo presentimento di essere destinato a predicare il Vangelo in un paese del nord. Non c’era modo che un contadino del Lazio potesse mai diventare un missionario; e la cosa non sembrava possibile neppure quando il ragazzo si trovò ad essere nella congregazione dei Passionisti, prima come fratello laico e poi come padre. Di mezzi esterni neanche l’ombra; eppure l’impressione interiore non si affievoliva; anzi, si faceva via via più precisa e chiara, finché, col passare del tempo, al posto del nord vago e sfumato, gli si incise nel cuore l’Inghilterra. E, strano a dirsi, col passare degli anni, senza che egli lo cercasse, poiché era legato al voto dell’ obbedienza, il nostro contadino si trovò finalmente sulla stessa spiaggia del tempestoso mare del nord, dalla quale aveva guardato Cesare, cercando un nuovo mondo da conquistare; ma che dovesse attraversare lo stretto era ancora assai improbabile, come prima. Comunque, c’era arrivato vicino, e allora forse poteva anche attraversarlo; e posava lo sguardo su quelle onde inquiete e senza dio, domandandosi se sarebbe mai sorto il giorno in cui le avrebbe oltrepassate. E quel giorno venne, non per una decisione sua, ma per opera della Provvidenza che gli aveva dato una premonizione trent’anni prima.

Al tempo della nostra storia, padre Domenico de Mater Dei conosceva bene l’Inghilterra; aveva avuto molte preoccupazioni, in primo luogo per la mancanza di fondi e poi ancora di più per la mancanza di uomini. Passavano gli anni ma, vuoi per la paura del rigore della regola – una paura peraltro infondata, perché era stata alleggerita per l’Inghilterra – o per le pretese di altre formazioni religiose, la sua comunità non cresceva, e lui fu tentato di cedere allo scoramento. Ma ogni opera ha la sua stagione; e da un po’ di tempo quella difficoltà stava piano piano diminuendo; erano entrati nella congregazione uomini pieni di zelo, alcuni di natali nobili, altri con vasti possedimenti; e il nostro amico Willis, che a questo punto aveva già ricevuto il presbiterato, non era l’ultima di queste acquisizioni, anche se era domiciliato a una certa distanza da Londra. Ed ora il lettore conosce dei Passionisti molto di più di quanto non sapesse Reding allorché si incamminò verso il loro monastero”[10].

Questa descrizione è assolutamente commovente e crediamo che esprima meglio di ogni altra testimonianza il debito di fede e di pietà che Newman sentiva verso Paolo della Croce, Domenico Barberi e i passionisti in genere. Newman esprime molte volte il suo stupore per degli accadimenti che potevano avere soltanto un’origine soprannaturale. Può un pastorello della campagna viterbese pensare di diventare missionario in Inghilterra? Ed anche quando si ritrova come fratello laico in un convento lo può pensare? Ed anche se diventa sacerdote, ma è soggetto all’obbedienza, dalla quale non intende uscire? E persino quando è potuto arrivare nell’Europa continentale del Nord, ma non ha prospettive per l’Inghilterra? Eppure il miracolo si realizza. Impressiona il paragone che un uomo perfettamente inglese come Newman istituisce fra l’umile fraticello, noto per come, in Inghilterra portava goffamente le vesti civili obbligatorie, e il grande conquistatore Giulio Cesare, immaginandoli ambedue sulla riva del Mare del Nord, con lo sguardo rivolto all’Isola sospirata.

Il secondo brano si trova in una lettera scritta da Newman al Phillips con la sua solita chiarezza ed onestà intellettuale:

“Se i religiosi cattolici vogliono convertire l’Inghilterra, vadano a piedi scalzi nelle nostre città manufatturiere, predichino al popolo come San Francesco Saverio, siano presi a sassate e calpestati e confesserò che essi possono fare quello che non possiamo fare noi… Quale giorno sarà se Dio farà sorgere nella loro Comunione uomini santi, come Bernardo e i Borromei… Gli inglesi non saranno mai inclinati favorevolmente a un partito cospiratore e intrigante; solo la fede e la santità sono irresistibili”[11].

Benedetto XVI così commenta la conversione di Newman: “E’ significativo il verso che Newman compose in Sicilia nel 1833: ‘Amavo scegliere e capire la mia strada. Ora invece prego: Signore, guidami tu’. La conversione al cattolicesimo non fu per Newman una scelta determinata da gusto personale, da bisogni spirituali soggettivi. Così egli si espresse nel 1844, quando era ancora, per così dire, sulla soglia della conversione: ‘nessuno può avere un’opinione più sfavorevole della mia sul presente stato dei romano-cattolici’. Ciò che per Newman era invece importante era il dovere di obbedire più alla verità riconosciuta che al proprio gusto, addirittura anche in contrasto con i propri sentimenti e con i legami dell’amicizia e di una comune formazione”[12].

Cosa accadde fra il 1844 e l’8 ottobre del 1845? Il miracolo del religioso cattolico che arriva a piedi scalzi nelle città manifatturiere dell’Inghilterra e predica come Francesco Saverio era accaduto e Newman non poteva tirarsi indietro. Lo stesso Domenico, uomo di grande forza di volontà, rotto a tutte le mortificazioni, descriveva così la sua esperienza inglese: “Croci e difficoltà sono senza numero e tali che qualche volta mi sono veduto all’ultima estremità e quasi sul punto di tornarmene indietro. Sono sicuro che molte persone vorrebbero venir qua, ma se poi sapessero quello che vi è da soffrire, passerebbe la voglia quasi a tutti. Ah, mio Dio! mio Dio! Quanto bisogna soffrire! Sebbene fossero 28 anni che io mi ci preparava, pure vedo che tale preparazione non è sufficiente. La sola volontà divina è il mio sostegno: sono qui perché Dio mi ci ha voluto da tutta l’eternità. Sia benedetto il suo santo Nome. Ecco l’unica mia risorsa”[13]. Di fatto, in quella sua missione, Domenico perse ben presto la salute e la vita, morendo all’età di 57 anni.

Il terzo brano al quale intendo fare riferimento è molto più tardivo. Esso fa parte della deposizione che Newman fece sul Beato Domenico nel 1889, un anno prima della sua morte, deposizione inviata al cardinal Parocchi, vicario di Roma, che per convinzione personale aveva preso l’iniziativa di promuovere le cause di beatificazione di Domenico e di altri servi di Dio Passionisti. Scrive il Newman, ormai anche lui cardinale:

“Mio caro Sig. Cardinale, La ringrazio per l’interesse che Ella dimostra in un caso che mi è molto caro, come è ben riconosciuto dai Padri Passionisti. Certamente Padre Domenico della Madre di Dio fu un commoventissimo missionario e predicatore commoventissimo ed ebbe una gran parte nella mia conversione e in quella di altri. Lo stesso suo sguardo aveva un’impronta santa; quando la sua figura si approssimava alla mia vista, mi commoveva in modo singolarissimo e la sua notevole bonomia in mezzo alla sua santità era in se stessa una reale predica santa. Nessuna meraviglia, pertanto, che io diventassi il suo convertito e il suo penitente. Egli era un grande amatore dell’Inghilterra. Mi dolse della sua morte subitanea e pensai e sperai che egli riceverebbe da Roma l’aureola di santo, come ora avverrà”[14].

L’azione di Domenico con Newman e i neoconvertiti di Littlemore non si limitò alla loro accoglienza nella Chiesa cattolica. Colpisce ancora la stima che Domenico aveva del gruppo di Littlemore già prima della conversione del Newman e di altri. Scriveva argutamente e amorosamente al Dalgairns nel settembre del 1845:

“Dear Littlemore, I love Thee! A little more still and we shall see happy results from Littlemore. When the learned and holy Superior of Littlemore will come, then I hope we shall see again the happy days of Augustine, of Lanfranc and Thomas. England will be once more the Isle of Saints and the nurse of new Christian nations, destined to carry the light of the Gospels coram gentibus et regibus et filiis Israel”[15].

Domenico li accompagnò specialmente nei primi tempi. Ci furono varie reciproche visite. Domenico li consigliò a tenersi uniti. Per quanto avesse un ingente bisogno di uomini santi che lo affiancassero nel suo pesantissimo lavoro in Inghilterra, non cercò di accaparrarli per sé. In una lettera che Newman scrisse a A. J. Hammer nel 1850, quando purtroppo il P. Domenico era già morto vittima delle sue grandi fatiche, c’è una chiara testimonianza dello stesso Newman a proposito dell’atteggiamento disinteressato del P. Domenico: “Dovevo dirvi una cosa. Se vi sono di quelli che non cercheranno di farvi loro sono i passionisti. Il caro P. Domenico mai fece inviti (advances) – egli era delicatissimo – quantunque il bisogno di novizi fosse il suo più acuto e continuo travaglio. Senza dubbio trovereste simile a lui il P. Ignazio (Spencer)”[16].

C’era in Domenico quel rispetto che fa dire all’aristocratico inglese Newman che era un uomo delicatissimo e c’era anche un discernimento oggettivo e spassionato, fedele alla volontà di Dio, che è sempre una volontà di crescita della vita. Domenico osservava – scriveva il più attento studioso della sua vita Federico Menegazzo, – che “tutta la loro vita precedente si era specializzata negli studi universitari e questo non li metteva sulla via della predicazione popolare alternata a un ampio orario corale e a pratiche penitenziali”[17]. Lui stesso li consigliò, più tardi, di entrare nell’Oratorio di San Filippo Neri.

Newman considera Domenico un “uomo semplice e caratteristico”, ma anche “intelligente e acuto nel suo stato”[18]. “Egli – scriveva – è un uomo intelligente ed acuto, ma spontaneo e semplice come un fanciullo; e singolarissimamente gentile nei suoi pensieri verso i fedeli della nostra comunione. Vorrei che tutte le persone avessero tanta carità quanto so che ne è in lui”[19]. Nel momento del suo passaggio alla Chiesa cattolica, Newman ebbe un notevole problema con la pubblicazione di una delle sue opere più importanti, appena conclusa ma non ancora stampata, l’ Essay on Development of Christian Doctrine. Come sarà giudicata dai cattolici un’opera scritta quando Newman era ancora anglicano? Tra i cattolici che giudicarono subito positivamente l’opera ci fu Domenico. Newman lo scrisse a James Hope: “una persona già incline al favore, ma che è anche un perspicace, buono e profondo teologo, il P. Domenico, si compiace moltissimo di essa”[20]. Questa consonanza su un argomento delicato – lo sviluppo dei dogmi – manifesta una consonanza molto più profonda di due spiriti pur così diversi nella loro formazione.

L’ecumenismo dell’amore

Basterebbero le frasi del Newman citate qui sopra, scelte fra altre che si potrebbero richiamare, per evidenziare l’importanza dell’amore nel rapporto fra cristiani separati. La Cattedra Gloria Crucis e questa rivista si propongono di passare un anno – il 1910, anno della prevista beatificazione del grande cardinale teologo – con Newman, Domenico Barberi, Ignatius Spencer e i loro amici di quella che lo stesso Newman denominò the second Spring, la seconda primavera della cristianità inglese. Si ristamperanno alcune opere di Domenico, anzitutto quel capolavoro di ecumenismo dell’amore che è la Lettera ai professori di Oxford. Cor ad cor loquitur, era il motto scelto da Newman per il suo emblema cardinalizio. E Domenco scriveva: ” Nihil est tam arduum quod verus amor non audet… Multis abhinc annis (plusquam quinque excesserunt lustra) Deus dignatus est pro sua bonitate amorem in corde meo accendere erga fratres meos praesertim anglos: pro quorum salute ab illo tempore nunquam orare destiti… Utinam Deus mihi concedat vitam meam pro vestra salute profundere!”[21].

Dobbiamo riconoscere e confessare che i rapporti fra i fratelli separati delle diverse chiese, fin quasi al tempo del concilio Vaticano II, erano caratterizzati da una notevole ostilità. Newman stesso, quando era anglicano, parlava molto negativamente dei papisti. Domenico ama, li ama, ama proprio loro, li ama di un amore sviscerato. Sembra che lui per primo abbia usato l’espressione fratelli separati[22].

Al di là dei rapporti storici qui riassunti fra Newman e Domenico, si dovrebbe procedere poi a studiare il perché di una consonanza di coscienze nel Barberi e nel Newman. L’approccio di Domenico alla filosofia e alla teologia potrebbe essere a questo proposito molto importante. E’ un tema del tutto inesplorato. Sono state fatte soltanto poche, inadeguate pubblicazioni delle opere del Barberi che possano offrire tema di studio per questo scopo. Potrebbe essere questa l’occasione per uno studio più approfondito.

In: Bolletino Internazionale Passionista, n° 23, Giugno-Settembre 2010, 7-12


[1] Cf J. Guitton, Dialoghi con Paolo VI, Rusconi, Milano, 1986, 146.

[2] Cf C. Siccardi, Paolo VI, il papa della luce, Paoline, Milano, 2008, 214.

[3] Cf ad es. quanto ne dice in un’opera recentemente pubblicata: J. Ratzinger – Benedetto XVI, L’elogio della coscienza. La Verità interroga il cuore, Cantagalli, Siena, 2009, 15-22.

[4] Cf Lettera del 10 – 03 – 1908 Tuum illud opusculum, (Acta Pontificia, VI, (1908), 176).

[5] Newman, la religione cattolica in Inghilterra ovvero l’Oratorio inglese, Desclée, Tournai, 1886, 146-147. La Notice biographique du D. Newman par Jules Gordon precisa che arrivò alle 11 di notte a Littlemore e che si era avvicinato al fuoco per asciugare i suoi vestiti quando il Newman entrò e gli chiese di essere accolto nella Chiesa cattolica. Precisa anche che Newman passò la notte a fare la sua confessione generale.

[6] Perdita e guadagno. Storia di una conversione, Jaca Book, Milano 1996, 413.

[7] Cf Amantissimae voluntatis ad Anglos Regnum Christi in fidei unitate quaerentes, in Enchiridion delle Encicliche, EDB, Bologna 1997, 1702-1703: “Quo enim tempore belgica in legatione versaremur, oblata nobis consuetudine cum Ignatio Spencer, ejusdem Pauli sancti a Cruce alumno pientissimo, tunc nempe accepimus initum ab eo ipso, homine anglo, consilium de propaganda certa piorum societate, rite ad Anglorum salutem comprecantium”.

[8] J. Vanden Bussche, cp, Ignatius (George) Spencer passionist (1799-1864) Crusader of Prayer for England and Pioneer of ecumenical Prayer, Leuven University Press, 1991.

[9] Perdita e guadagno, cit., 420.

[10] Perdita e guadagno, cit., 412-414.

[11] Lettera di Newman al Phillips, riportata da P. Federico, Il B. Domenico della Madre di Dio, Passionisti, Roma, 1963, 292.

[12] J. Ratzinger- Benedetto XVI, L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore, Cantagalli, Siena, 2009, 18.

[13] Lettera a P. Felice, del 10 aprile 1842, riportata in Federico, op. cit., 319, n. 5.

[14] Lettera riportata da P. Federico, op. cit., 397-398; cita Proc. Ord. Rom.,230.

[15] Lettera riportata in Urban (Young), Life and letters of the ven. Fr. Dominic (Barberi), London, 1926, 256 (Mia cara Littlemore, io ti amo! Ancora un poco (a little more) e vedremo felici risultati da Littlemore. Quando il dotto e santo superiore di Littlemore verrà, allora spero che vedremo il principio di una nuova era. Sì, noi vedremo nuovamente i felici giorni di Agostino, di Lanfranco e di Tommaso. Sì, l’Inghilterra sarà ancora l’isola dei Santi e la nutrice di nuove nazioni cristiane, destinata a portare la luce del Vangelo davanti alle genti, ai re e ai figlioli di Israele).

[16] Letters and Diaries of J. H. Newman, by Dessain, London, 1961, XIII, 389.

[17] Op. cit., 389.

[18] Brani di una lettera a Wilberforce, riportata da F. Giorgini, in Introduzione a Domenico della Madre di Dio (Barberi), Lettera ai professori di Oxford. Relazioni con Newman e i suoi amici, Cipi, Roma, 1990, 29.

[19] Lettera a Bowden, Ivi, 30.

[20] “A prepossessed person, but a shrewd and a good and a deep divine, Father Dominic, is very much pleased with it” (Letters…, cit., XI, 76).

[21] Domenico della Madre di Dio (Barberi), Lettera… cit.,. 63, 87 (“Nulla è così arduo che l’autentico amore non osi. Molti anni or sono (sono passati più di venticinque anni), Dio si è degnato, nella sua bontà, di accendere nel mio cuore l’amore per i miei fratelli, specialmente inglesi, per la cui salute, da quel tempo, non ho mai cessato di pregare… Magari mi concedesse Dio di dar la vita per la vostra salvezza!”).

[22] Cf F. Giorgini, Introduzione a Lettera… cit., 18 ss.