Il mondo invisibile

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Perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili.

Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.

2 Cor 4,18

Ci sono due mondi, « il visibile e l’invisibile », come dice il Cre­do,-il mondo che noi vediamo, e il mondo che non vediamo; e il mon­do che non vediamo esiste altrettanto quanto il mondo che vediamo. Esso esiste realmente, sebbene non lo vediamo. Il mondo che vediamo sappiamo che esiste, perché lo vediamo. Non abbiamo che da alzare gli occhi e guardarci dattorno e ne abbiamo la prova, ce lo dicono i nostri occhi. Vediamo il sole, la luna e le stelle, la terra e il cielo, le colline e le valli, i boschi e le pianure, i mari e i fiumi. E ancora, vediamo gli uomini, e le opere dell’uomo. Vediamo le città con i loro edifici mae­stosi, e i loro abitanti; vediamo gli uomini che corrono avanti e indie­tro ed affaccendarsi per provvedere a se stessi e alle loro famiglie, o per compiere grandi imprese, o per nient’altro che per amore dei loro af­fari. Tutto quello che incontriamo con i nostri occhi forma un mondo. È un mondo immenso che arriva fino alle stelle. Per migliaia e migliaia di anni potremmo spingerci su nel cielo, ed anche se fossimo più velo­ci della luce stessa, non riusciremmo a raggiungerle tutte. Esse si tro­vano a tale distanza da noi che è più grande di quella che si può loro attribuire. Così alto, così vasto, così profondo è il mondo, e tuttavia si avvicina tanto a noi, ci è così prossimo. È dovunque; e sembra che non lasci più spazio per qualsiasi altro mondo.

E tuttavia, nonostante questo mondo universale che vediamo, c’è un altro mondo, che si estende altrettanto lontano, che ci è altrettanto prossimo, e più meraviglioso; un altro mondo tutto intorno a noi, an­che se non lo vediamo; e più meraviglioso del mondo che vediamo, per questa ragione, se non per altra: che non lo vediamo. Tutt’intorno a noi c’è un numero infinito di oggetti, che vanno e che vengono, che ci osservano, che agiscono o attendono, e noi non li vediamo; questo è quell’altro mondo, che non possiamo scoprire cogli occhi, ma la fede soltanto lo può.

Soffermiamoci su questo pensiero. Noi siamo nati in un mondo dei sensi, cioè a dire in un mondo delle cose reali che ci stanno tutte din­torno. Una gran parte di esse giunge fino a noi, si accosta a noi, per mezzo dei nostri organi corporei, i nostri occhi, le nostre orecchie, le nostre dita. Le sentiamo, le udiamo, le vediamo, e sappiamo che esisto­no perché è in questo modo che percepiamo la loro presenza. Un nume­ro infinito di cose, animate e inanimate, stanno tutte intorno a noi, ma soltanto una porzione particolare di queste cose innumerevoli ci viene in tal modo resa comprensibile attraverso i nostri sensi. E inoltre, nell’agire su di noi, esse ci fanno consapevoli della loro presenza. Le sen­tiamo con i nostri sensi in quel momento, abbiamo la consapevolezza della loro percezione. Non solo le vediamo, ma sappiamo di vederle; non solo abbiamo qualche relazione con loro, ma sappiamo di averla. Ci troviamo tra gli uomini e sappiamo di esserci. Sentiamo il freddo e la fame, e sappiamo quali sono le cose sensibili che possono debellarle. Mangiamo, beviamo, ci vestiamo, abitiamo nella nostra casa, conversia­mo e ci muoviamo con gli altri, e adempiamo ai doveri della vita socia­le, e abbiamo vividamente coscienza di quello che facciamo, mentre lo facciamo. Tale è la nostra relazione verso una parte degli innumerevo­li esseri che stanno intorno a noi. Essi agiscono su di noi e noi lo sap­piamo bene, e noi compiamo le nostre azioni su di loro a nostra volta, e lo sappiamo bene.

Ma tutto questo non interferisce con l’esistenza di quell’altro mon­do di cui voglio parlarvi, di quell’altro mondo che agisce su di noi, sen­za tuttavia lasciare impressa in noi la consapevolezza di quello che fa. Questo mondo può essere altrettanto realmente presente ed esercitare la sua influenza su di noi, come quello che ci si rivela. Che questo mon­do esista ce lo dice la stessa Scrittura. Mi chiedete che cosa è, e che cosa contiene. Non vi dirò che tutto quello che gli appartiene è di gran lunga più importante di quello che vediamo, perché tra le cose visibili ci sono anche tutti gli uomini, nostri simili, e non v’è nulla di quello che è stato creato che sia più nobile e prezioso del figlio dell’uomo. Ma, ciononostante, prendendo nel loro complesso tutte le cose che noi vedia­mo, e nello stesso loro complesso le cose che non vediamo affatto, il mondo che non vediamo è, nella sua totalità, un mondo molto più alto di quello che vediamo davvero. Poiché, prima di tutto, là c’è Colui il quale sta al di sopra di tutti gli esseri, Colui che ha creato tutto, davan­ti al Quale tutti gli esseri sono come nulla, e con il Quale non si può paragonare nulla. Dio Onnipotente, lo sappiamo bene, esiste più real­mente e più assolutamente di qualunque altro di quei nostri consimili la cui esistenza ci è fatta comprendere attraverso i sensi. E tuttavia non Lo vediamo, non Lo udiamo, soltanto « Lo cerchiamo a tentoni », però senza trovarlo. È chiaro dunque, che le cose che ci appaiono non sono altro che una parte, ed una parte soltanto secondaria, degli esseri che stanno intorno a noi; foss’anche soltanto su questa terra, è chiaro che Dio Onnipotente, l’Essere degli esseri, non si trova fra questo numero, bensì in mezzo « alle cose che non si vedono ».

Una volta, ed una volta soltanto, per trentatré anni, Egli ha accon­sentito a diventare una delle cose che si vedono; quando Egli, la secon­da Persona della Sempre-eterna Trinità, per misericordia ineffabile, fu generato dalla Vergine Maria, per entrare in questo mondo sensibile. Allora fu visto, udito, toccato, Egli mangiò, bevve, dormì, conversò, andò in giro, e agì come tutti gli altri uomini; ma all’infuori di questo breve periodo, la Sua presenza non è stata mai più percepibile. Egli non ci ha mai fatti consapevoli della Sua esistenza per mèzzo dei nostri sen­si. Egli venne è poi si ritirò dietro il velo; e per noi, individualmente, è come se non si fosse mai mostrato in Persona: così piccola è l’espe­rienza sensibile della Sua presenza che noi abbiamo. E tuttavia « Egli vive più che mai ».

E in quell’altro mondo ci sono anche le anime dei morti. Anch’essi quando si dipartono da questa terra, non cessano di esistere, ma si ri­tirano soltanto da questa scena visibile delle cose; oppure, in altre pa­role, essi cessano di agire verso di noi e davanti a noi attraverso i no­stri sensi. Essi vivono come avevano vissuto prima, ma la loro forma esteriore, per mezzo della quale furono in grado di restare in comunio­ne con gli altri uomini, in qualche modo che noi non sappiamo, si è se­parata da loro, e rinsecchisce in polvere, e si raggrinzisce come le fo­glie che possono cadere giù da un albero. Essi restano, ma senza i con­sueti mezzi per appressarsi a noi e per corrispondere con noi. E quando un uomo perde la sua voce e le sue mani, esiste ancora come prima, solo che non può più parlare o scrivere o, comunque, avere relazioni con noi. E così quand’egli perde, non solo la voce o le mani, ma tutta la struttura del suo corpo, oppure, come si dice, è morto, non c’è nulla che possa dimostrarci che egli se ne è andato per sempre, all’infuori del fatto che noi abbiamo perduto i mezzi di percepirlo fisicamente.

Aggiungiamo ancora: anche gli Angeli sono abitanti del mondo in­visibile, e a loro riguardo ci vien detto molto di più che riguardo alle anime dei nostri cari estinti, perché questi ultimi « riposano dopo le loro fatiche »; ma gli Angeli sono attivamente impegnati tra noi nella Chiesa. Si dice che essi sono « tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvez­za » (Eb 1,14). Non v’è Cristiano tanto umile che non abbia degli Angeli che lo assistono, se vive nella fede e nell’amore. Sebbene essi siano così gran­di, così puri, così gloriosi e così meravigliosi che la sola visione di loro (se ci fosse permesso vederli) ci farebbe tramortire al suolo, come fece con il profeta Daniele, per quanto egli fosse giusto e santo, ciò nono­stante essi sono i nostri « con-servi », i nostri compagni di lavoro, e ci sorvegliano con ogni sollecitudine e difendono anche i più umili di noi, se siamo figli di Cristo. Che essi formino una parte del nostro mondo invisibile è evidente dalla visione apparsa al patriarca Giacobbe. Si nar­ra che quando fuggì lontano da suo fratello Esaù, « capitò in un luo­go, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pie­tra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo per dormire » (Gn 28,11). Quanto era lontano dall’idea che ci fosse qualcosa di assai meraviglio­so in quel luogo! Sembrava un luogo uguale a qualsiasi altro. Era un luogo solitario ed alquanto scomodo; non c’era alcuna casa lì intorno; la notte scendeva; ed egli dovette dormire sulla nuda roccia. E tuttavia come fu diversa la verità! Vedeva solo il mondo che si poteva vedere; non vedeva il mondo che non si poteva vedere e, tuttavia, il mondo in­visibile era là. Era proprio là, anche se non fece conoscere subito la sua presenza, perché occorreva che fosse palesato a lui in modo sopranna­turale. Egli lo vide nel sonno. « Fece un sogno: una scala poggiava sul­la terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli Angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco il Signore gli stava davan­ti » (Gn 28, 12-13). Questo era quell’altro mondo. Or dunque, si osservi questo. V’è della gente che parla come se l’altro mondo non esistesse ora, ma esi­stesse soltanto dopo la morte. No; esiste ora, anche se noi non lo ve­diamo. È in mezzo a noi e intorno a noi. Questo è quello che fu mo­strato a Giacobbe nel suo sogno. Gli Angeli erano attorno a lui, seb­bene egli non lo sapesse. E quello che Giacobbe vide nel suo sogno, quello stesso lo vide il servo di Eliseo come coi suoi propri occhi; e i pastori, al momento della Natività, non solo lo videro, ma lo udirono anche. Essi udirono le voci di quegli spiriti beati che lodano Dio giorno e notte, e che noi, nello stato più basso del nostro essere, abbiamo la possibilità di imitare e di assecondare.

Noi abitiamo dunque in un mondo di spiriti, come pure in un mon­do dei sensi, e abbiamo con quello stretta comunione, e vi prendiamo la nostra parte, anche se siamo inconsapevoli di farlo. Se questa cosa sembra strana a qualcuno, voglia riflettere che noi abbiamo parte inne­gabilmente anche in un terzo mondo, che vediamo per davvero, ma sul quale non sappiamo di più di quello che sappiamo sull’esercito degli Angeli,-il mondo degli animali bruti. Ci può essere qualcosa di più meraviglioso e sorprendente, a meno che non siamo stati ad esso adu­sati, che quello di dover avere intorno a noi una razza di esseri che non possiamo altro che vedere, e dello stato dei quali conosciamo così poco, o così poco dei loro interessi siamo in grado di descrivere, o del loro destino: tanto poco quanto siamo in grado di dire degli abitanti del sole e della luna? È davvero un pensiero opprimente assai, se ce lo fissiamo nella mente, che noi siamo in confidenza, potrei anche dire, che intrat­teniamo relazioni, con creature che sono così estranee a noi, e così mi­steriose, come se fossero esseri favolosi e ultraterreni, più potenti del­l’uomo, e tuttavia suoi schiavi, come quello che le superstizioni del­l’Oriente hanno inventato. Abbiamo una conoscenza più reale degli An­geli che non di questi bruti. Essi hanno apparentemente le loro passio­ni, abitudini ed una certa credibilità; ma su di loro tutto è mistero. Non sappiamo se possono o non possono peccare, se sono soggetti a pu­nizioni, se sono destinati a vivere dopo questa vita. Noi infliggiamo gran­dissime sofferenze ad una parte di loro, ed essi, a loro volta, di quando in quando, sembrano fare le loro rappresaglie su di noi, come se fosse per una legge miracolosa. Noi contiamo su di loro in varie maniere im­portanti; facciamo uso delle loro fatiche, mangiamo la loro carne. Que­sto però si riferisce a quelli di loro che si trovano vicino a noi. Ma, al­largate il pensiero vostro, spingetelo più lontano verso l’intero numero di essi, grandi e piccoli, nelle immense foreste, o nell’acqua, o nell’aria; e poi ditemi se la presenza di una così innumerevole moltitudine, di una natura così diversa, di forme così strane e selvagge, che vivono sulla terra senza che se ne possa accertare il destino, non sia cosa altrettanto misteriosa quanto tutto quello che la Scrittura dice attorno agli Ange­li. Non è forse abbastanza chiaro per i nostri sensi che esiste un mon­do inferiore a noi nella scala degli esseri viventi con il quale noi abbia­mo relazioni senza sapere di che cosa si tratti? Ed è forse difficile per chi ha la fede, accettare la parola della Scrittura quando si riferisce ad un mondo superiore a noi?

Quando, infatti, vi sono delle persone che provano tanta difficoltà a concepire l’esistenza tra noi del mondo degli spiriti, perché non san­no rendersene conto, costoro dovrebbero richiamare alla mente quanti sono in effetti i mondi che tutti insieme sono contenuti nella stessa so­cietà umana. Si parla del mondo politico, di quello scientifico, del mon­do della cultura, di quello letterario, del mondo religioso; ed è una di­stinzione appropriata, perché vi sono uomini così intimamente uniti tra di loro, e così divisi dagli altri, uomini che hanno obiettivi da perse­guire così distinti gli uni dagli altri e, di conseguenza, impegni e prin­cipi così differenziati che, in un medesimo posto esistono numerosi cir­coli o (come possono anche chiamarsi) mondi, costituiti da uomini visi­bili, ma essi stessi invisibili, sconosciuti, direi anzi, inintelligibili gli uni agli altri. Uomini che si aggirano sui comuni sentieri della vita ed ap­paiono tutti uguali. Ma c’è ben poca comunione di sentimenti tra di loro; ognuno di loro poco ne sa di quello che succede in qualsiasi altra sfera all’infuori della sua propria, e un estraneo il quale capiti in un qualsiasi ambiente, seguendo le sue proprie attività o conoscenze, se ne allontanerebbe con una impressione, se vista nel suo complesso, total­mente diversa o addirittura contraria. Oppure, ancora, lasciate per un momento l’orgasmo politico e commerciale di qualche grande città e andate a rifugiarvi in qualche villaggio appartato; e quivi, in mancanza delle notizie del giorno, considerate la maniera di vivere e le abitudini mentali, le occupazioni e il modo di vedere dei suoi abitanti; e poi di­temi se il mondo, se lo si osserva nelle sue parti separate, non è più dis­simile a se stesso di quanto non sia dissimile il mondo degli Angeli che la Scrittura pone nel bel mezzo di esso.

Il mondo degli spiriti, allora, nonostante sia invisibile, è presente; non futuro, non distante. Non è al di sopra del cielo, non è oltre la tom­ba; è qui, e vi è ora; il regno di Dio è tra di noi. Il testo ce ne parla. Dice San Paolo: « Noi non guardiamo alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; perché le cose che si vedono sono temporali, ma le cose che non si vedono sono eterne » (Traduzione libera). Voi vedete come egli con­siderasse ciò una verità pratica che doveva avere la sua influenza sulla nostra condotta. E non solo parla del mondo invisibile, ma anche del dovere di « guardarlo »; non solo pone in contrasto con esso le cose del tempo, ma dice anche che il fatto che queste cose appartengano al tempo è una buona ragione, non per guardarle, ma per toglier via da loro il nostro sguardo. L’eternità non era lontana per il fatto di proiet­tarsi nel futuro; e neppure lo stato di invisibilità era senza influenza sopra di noi per il fatto di essere impalpabile. In un’altra Epistola egli dice similmente: « La nostra conversazione è nel cielo ». E ancora: « Dio ci ha risuscitati tutti insieme per farci stare insieme in luoghi ce­lesti, in Cristo Gesù » (Ef 2,6). E ancora: « La vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). E con lo stesso intento sono le parole di San Pietro: « Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa » (1 Pt 1,8). E ancora San Paolo, parlando degli Apostoli: « Poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini » (1 Cor 4,9). E ancora, con parole che abbiamo già ci­tato, egli parla degli Angeli come di « Spiriti incaricati di un ministero per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza » (Eb 1,14).

Questo è il regno nascosto di Dio; e com’è ora nascosto, così al tempo stabilito sarà rivelato. Gli uomini credono di essere i padroni del mondo e di poter fare quello che vogliono. Credono che questa terra sia di loro proprietà e tutto quello che si muove in essa sia in loro po­tere, mentre essa ha altri padroni oltre loro, ed è la scena di un conflit­to ben più alto di quello che essi possono concepire. Essa contiene i pic­coli figli di Dio che essi disprezzano, e i Suoi Angeli ai quali essi non credono; e sono questi che alla fine prenderanno possesso di essa e si manifesteranno. Al momento presente « tutte le cose », all’apparenza « continuano ad essere come furono al principio della creazione »; e i dileggiatori domandano: « Dov’è la promessa della Sua venuta »? Ma al momento prestabilito ci sarà una « manifestazione dei figli di Dio », e i santi nascosti « appariranno splendenti come il sole nel regno del loro Padre ». Quando gli Angeli apparvero ai pastori fu un’apparizione repentina,-« Improvvisamente ci fu insieme agli Angeli una moltitu­dine dell’esercito celeste ». Che visione meravigliosa! La notte prima di quella era apparsa perfettamente uguale ad ogni altra notte; così co­me la sera in cui Giacobbe ebbe la sua visione sembrava uguale a qual­siasi altra sera. I pastori facevano la guardia al loro gregge; guardavano in cielo la notte che passava. Le stelle cominciarono a muoversi,-era la mezzanotte. Non avevano alcuna idea che una cosa simile potesse ac­cadere, quando apparvero gli Angeli. Son questi il potere e la virtù che sono nascosti nelle cose che si vedono, e al comando di Dio esse si ma­nifestano. Si manifestarono per un momento a Giacobbe, per un mo­mento al servo di Eliseo, per un momento ai pastori. Essi si manifeste­ranno per sempre, quando Cristo verrà nell’Ultimo Giorno « nella glo­ria del Padre Suo con i santi Angeli ». Allora svanirà questo mondo e l’altro mondo si mostrerà in tutto il suo splendore.

Fratelli miei, siano questi i nostri pensieri, specialmente in questa stagione di primavera, quando tutto il volto della natura è così ricco e bello. Una volta soltanto in tutto l’anno, ma soltanto una volta, il mon­do che noi vediamo ci mostra i suoi poteri nascosti, e, alla sua maniera, si manifesta. Poscia spuntano le foglie, e i germogli negli alberi da frut­to, e i fiori, e l’erba e il grano spuntano. È come un irrompere, un pre­cipitarsi verso l’esterno di quella vita nascosta che Dio ha collocato nel mondo materiale. Ebbene, questo è quello che vi dimostra, come per modello, quello che il mondo nascosto può fare al comando di Dio, quando Egli pronuncia la sua parola. Questa terra, che ora germoglia con le sue foglie e i suoi fiori, un giorno eromperà in un nuovo mondo di luce e di gloria nel quale vedremo che abitano i Santi e gli Angeli. Chi è mai colui che penserebbe, se non avesse l’esperienza di preceden­ti primavere durante tutta la sua vita, chi potrebbe concepire, due o tre mesi in anticipo, essere possibile che il volto della natura, allora con un aspetto così privo di vita, dovesse diventare così splendido e in tante forme varie? Quanto è diverso l’aspetto degli alberi, quanto è diverso il panorama che offrono alla vista, quando hanno sopra le foglie da quando non ce ne hanno affatto! Come sembrerebbe improbabile, pri­ma che ciò avvenga, che i rami nudi e secchi potessero d’un tratto rive­stirsi di tutto quello che è così splendido e riposante! E tuttavia, quan­do Dio vuole, le foglie vengono sugli alberi. La stagione può essere in ritardo, ma alla fine verrà. E così è per la venuta di quell’Eterna Primavera che tutti i Cristiani attendono. Certo che verrà, anche se in ri­tardo; però anche se ritarda, stiamo attenti ad aspettarla, « perché è certo che verrà, non tarderà molto ». È per questo che diciamo, giorno dietro giorno: « venga il Tuo regno »; e questo vuol dire:-O Signo­re, facci vedere il Tuo volto; manifesta Te Stesso! Tu che siedi tra i Cherubini mostraTi; risveglia la Tua forza e vieni in nostro aiuto. La terra che noi vediamo non ci dà soddisfazione; non è altro che un ini­zio, non è altro che una promessa di qualcosa al di là.di essa. Anche quando è più gaia, con tutte le sue gemme in fiore, e ci mostra tutto quello che giace nascosto in essa, non è però abbastanza. Sappiamo che molto di più giace nascosto in lei, molto di più di quello che vediamo. Un mondo di Santi e di Angeli, un mondo glorioso, il palazzo di Dio, il monte del Signore degli Eserciti, la Gerusalemme celeste, il trono di Dio e di Cristo; e queste meraviglie eterne, tutte preziose, misteriose ed incomprensibili, giacciono nascoste in quello che noi vediamo. Quel­lo che vediamo non è altro che il guscio di un regno eterno; ed è su quel regno che noi fissiamo gli occhi della nostra fede. Manifesta il Tuo splendore, o Signore, come quando alla Tua Natività i Tuoi Angeli vi­sitarono i pastori; che la Tua gloria fiorisca alla luce, come i fiori e le foglie sopra gli alberi; muta, con il Tuo enorme potere, questo mondo visibile in quel mondo più divino che fino ad ora non vediamo; distrug­gi quello che vediamo, affinché possa passare e trasmutarsi in quello che noi crediamo. Per quanto sia splendente il sole, e il cielo, e le nubi, per quanto siano verdi le foglie ed i prati, per quanto dolce sia il canto de­gli uccelli, noi sappiamo che questo non è tutto, e noi non vogliamo ac­comunarci con una parte per il tutto. Tutte queste cose procedono da un centro di amore e di bontà che è Dio stesso, ma non sono la Sua pienezza; esse ci parlano di cielo, ma non sono il cielo; esse non sono altro che raggi vaganti, e tenui riflessioni della Sua Immagine; non sono che briciole cadute dalla Sua tavola. Noi siamo in attesa della venuta del giorno di Dio allorché tutto questo mondo esteriore, per quanto bello possa essere, dovrà perire; quando i cieli saranno in fiamme e la terra sarà disfatta nel nulla. E noi possiamo sopportare questa perdita perché sappiamo che non sarà altro che il levarsi di un velo. Sappiamo che la scomparsa del mondo che si vede sarà la manifestazione del mon­do che non si vede. Sappiamo che quello che vediamo non è altro che uno schermo che ci nasconde Dio e Cristo, e i Suoi Santi e i Suoi An­geli. E noi desideriamo con tutto il cuore e preghiamo perché tutto quello che vediamo venga disciolto, per amore del nostro ardente desi­derio di vedere quello che ora non vediamo.

Oh, siano davvero benedetti coloro i quali sono destinati alla visio­ne di quelle cose meravigliose in mezzo alle quali si trovano ora, alle quali essi volgono ora il loro sguardo, ma che non riconoscono! Bene­detti coloro che alla fine potranno rimirare quello che fino ad ora oc­chio mortale non ha visto e solo la fede può godere! Quelle cose mera­vigliose del mondo nuovo sono anche in questo momento quello che sa­ranno allora.

Esse sono immortali ed eterne; e quelle anime che allora ne sa­ranno rese consapevoli, le vedranno nella loro quiete e nella loro mae­stà, là dove sono sempre state. Ma chi vi è che possa esprimere la sor­presa ed il rapimento che investirà coloro i quali allora, finalmente, le comprenderanno per la prima volta, e saranno nuovi alla loro intelligen­za! Chi vi è che possa immaginare, tendendo fino all’estremo la sua fan­tasia, i sentimenti di coloro i quali, essendo morti nella fede, si risve-glieranno nella gioia! La vita che comincerà allora, sappiamo bene, du­rerà per sempre; tuttavia, se la memoria sarà in noi allora quella che è ora, quello sarà un giorno che dovrà essere molto celebrato nel Signore, per tutti i secoli dell’eternità. Noi possiamo, in verità, crescere per sem­pre in sapienza ed in amore, però quel primo risveglio dai morti, il giorno che sarà nello stesso tempo quello della nostra nascita e delle no­stre nozze, rimarrà per sempre nei nostri pensieri il più caro e il più benedetto. Quando ci ritroviamo, dopo un lungo riposo, dotati di for­ze nuove, rinvigorite dal seme della vita eterna dentro di noi, in grado di amare Dio secondo il nostro desiderio, consapevoli che ogni turba­mento, dolore, pena ed ansietà, che ogni privazione sono finiti per sem­pre, benedetti nell’affetto pieno di quegli amici terreni che abbiamo co­sì poveramente amati, e che abbiamo potuto così debolmente proteg­gere quand’erano con noi nella carne e, soprattutto, quando saremo vi­sitati dalla Presenza ineffabile, visibile ed immediata di Dio Onnipoten­te, con il Suo Unigenito Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, e il Suo Co-eguale, Co-eterno Spirito,-quella grande visione nella quale è la pienezza della gioia e del piacere per ogni tempo a vivere,-quali pen­sieri profondi, incomunicabili, inimmaginabili, scenderanno allora sopra di noi! Quali profondità di sentimenti si risveglieranno dentro di noi! Quali segrete armonie si faranno sentire, che la natura umana pareva incapace di udire! Le parole di questa terra sono davvero assolutamente prive di qualsiasi valore per prestarsi a descrivere così eccelse anticipa­zioni. Chiudiamo allora gli occhi e restiamo in silenzio.

Ogni uomo è come l’erba

e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.

Secca l’erba, il fiore appassisce

quando il soffio del Signore spira su di essi.

Veramente il popolo è come l’erba.

Secca l’erba, appassisce il fiore,

ma la parola del nostro Dio dura sempre.

Is 40,6-8

Beato John Henry Newman, (orig The Invisible World, PPS IV, 13): trad. italiana in: Newman, Sermoni Anglicani, Jaca Book, Milano 1981, 209-219