La parte migliore di Maria

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«Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta» (Lc 10,42).

Ogni parola di Cristo è buona; essa ha il suo compito e il suo scopo e non cade a terra. Non è possibile che abbia pronunziato pa­role effimere egli che è la Parola di Dio, esprimente, secondo la sua benevolenza, i consigli profondi e la volontà santa di colui che è in­visibile. Ogni parola di Cristo è buona. Anche se i suoi pensieri ci fossero trasmessi per mezzo di gente ordinaria, potremmo essere si­curi che niente di ciò che ci è stato conservato-sia che egli si rivol­ga a un discepolo o a un nemico, sia che ci giunga come avvertimen­to, come avviso, come rimprovero, come conforto, o come condan­na ha un significato puramente accidentale, una portata limitata e parziale, e riguarda unicamente il momento o la circostanza; al con­trario, tutte le parole di Cristo, sebbene rivestite esteriormente di un carattere temporaneo, e ordinate a uno scopo immediato (difficile, per questo, distinguere quello che in esse c’è di momentaneo e di contingente) conservano tutta la loro forza per ogni secolo. Rima­nendo nella Chiesa esse sono destinate a durare nei cieli per l’eternità. Esse sono la nostra regola santa, giusta e buona, «lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino» (Sal 119,105). E questo, anche oggi, così pienamente e intimamente come quando furono pronunziate per la prima volta.

Stando così le cose, ebbero certo un grande privilegio gli uomini nel raccogliere le briciole che cadevano dalla sua tavola; ma noi sia­mo molto più sicuri del valore di quello che ci è riferito su Cristo, per il fatto che lo riceviamo non dall’uomo, ma da Dio. Non invano lo Spirito Santo, che venne per glorificare il Signore e per donare agli evangelisti l’ispirazione di scrivere, ha tracciato un racconto per noi. Egli ha scelto e custodito le parole che sapeva essere di grande utilità, specialmente nel tempo a venire, parole che poteva­no servire di legge alla Chiesa per quello che riguarda la fede, la condotta e la disciplina. Qui non è questione di una legge scritta su tavole di pietra, ma di una legge di fede e di amore; dello spirito, non della lettera; di una legge per i cuori coraggiosi che accetteran­no di «vivere di ogni parola» per quanto modesta e umile che «esce dalla sua bocca» (Mt 4,4), e che grazie ai semi sparsi dal celeste se­minatore, potrebbe fare sbocciare qui in terra un paradiso di verità.

Cerchiamo ora, alla luce di questo pensiero, e con l’aiuto della sua grazia, di ricavare qualche frutto dal testo del Vangelo.

Marta e Maria erano sorelle di Lazzaro, che Gesù risuscitò dai morti. Vivevano tutti e tre insieme; però Marta era la padrona di casa. San Luca ricorda, in un versetto che precede il testo, che Cri­sto venne in un villaggio e che «una donna chiamata Marta lo ac­colse nella sua casa» (Lc 10,41). Essendo a capo della famiglia, essa aveva degli obblighi che, necessariamente, assorbivano il suo tempo e i suoi pensieri. Ed era, in quella circostanza, particolarmente oc­cupata per il desiderio di onorare il Signore. «Marta era tutta presa dai molti servizi» (Lc 10,40).

D’altra parte sua sorella, èssendo più giovane, era libera dalle preoccupazioni materiali. «Essa aveva una sorella di nome Maria, la quale sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola» (Lc 10,39).

Una identica distinzione, sia di impegni che di carattere, appare nel racconto della morte e della risurrezione di Lazzaro nel Vangelo di san Giovanni: «Marta, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa» (Gv 11,20). Poco dopo Marta andò a chiamare la sorella di nascosto dicendole: «Il Maestro è qui e ti chiama» (Gv 11,28).

Così all’inizio del capitolo seguente: «E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, pre­sa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, co­sparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli» (Gv 12,2-3).

Si osserva in questi passi la stessa differenza generale tra le due sorelle, sebbene sotto diversi aspetti: Marta sempre dirige e opera, mentre Maria è la serva, raccolta e modesta, di Cristo che, libera dalle preoccupazioni del mondo, si siede ai suoi piedi per ascoltare . la sua parola, onorandolo con il suo silenzio, senza esporsi o met­tersi in vista alla sua santa presenza.

Torniamo al testo: «Marta era molto presa nel servirlo; venne a lui e gli disse: ‘Signore non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’. E Gesù le risponde e le dice: ‘Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno, Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta’» (Lc, 10,40-41).

Due osservazioni scaturiscono da questo fatto, come dal com­mento che ne fa nostro Signore.

1 – Basandoci sulla divina autorità, possiamo distinguere due modi di onorare Dio: con il servizio attivo e con l’adorazione rac­colta. Naturalmente non si parla di coloro che si dicono suoi servi, che non lo sono affatto; che simulano l’uno e l’altro modo di vivere, sia che si tratti di quelli che son presi dalle preoccupazioni del mondo, o di quelli che passano il tempo nella pigrizia e nella inatti­vità, come sui margini della strada, e non portano alcun frutto a perfezione. Vi sono delle persone attive e delle persone inattive che non hanno parte in lui; vi sono altre che non sono senza difetti in quanto sacrificano il piacere all’azione o l’azione al piacere. Ma messi da parte coloro che mancano di sincerità e gli stravaganti, re­stano due categorie di cristiani: quelli che sono come Marta e quelli che sono come Maria, glorificando Dio ciascuno alla sua maniera, o con il lavoro o con il riposo, provando come nell’uno e nell’altro caso essi non si appartengono, ma sono stati riscattati a caro prez­zo; essi praticano l’obbedienza e sono fedeli nell’eseguire la sua vo­lontà. Lavorano? Lo fanno in suo onore. Sono in adorazione? Lo fanno ancora per suo amore.

Del resto, queste due categorie di discepoli non scelgono da se stessi il proprio genere di servizio: è lui che lo assegna loro. Marta era forse la più grande di età, Maria la più giovane. Non dico che non è mai permesso al cristiano di scegliere sia di servire con gli an­geli, o di adorare con i serafini. Egli lo può fare; e sia benedetto Dio se gli permette di optare liberamente per quel compito lodato da nostro Signore. Ma per lo più, ciascuno ha il suo posto assegna­to da Dio nell’economia della Provvidenza. Almeno non c’è dubbio che alcuni son fatti per gli affari del mondo; la necessità di guada­gnare il sostentamento, la cura di una famiglia, i doveri risultanti da un posto o da un impiego, ecco i segni che indicano alla maggior parte il sentiero di Marta.

Mi si permetta ora di lasciare da parte quello che riguarda i più, per fermarmi a coloro che possono essere chiamati alla parte scelta da Maria. Facendo così mostrerò chiaramente ciò che significa que­sta parte.

Parliamo anzitutto, come è naturale, delle persone avanzate in età, per le quali è passato il tempo del lavoro, e alle quali sembra viene ormai riservato di servire Dio con la preghiera e con la con­templazione. Tale era Anna: «Essa era molto avanzata in età… era vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,36-37).

Vediamo qui descritta contemporaneamente la chiamata di una persona e il suo genere di occupazione. Osserviamo, del resto, che erano le promesse riunite in Cristo Salvatore l’oggetto a cui si rife­riva il suo servizio. Quando egli fu portato al tempio, ella «si mise a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzio­ne di Gerusalemme» (Lc 2,38).

La medesima descrizione, certamente il medesimo compito, son presentati nella parabola della vedova importuna: «Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi» (Lc 18,1). La vedova diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario»… «E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?» (Lc 18,3; 7).

A tutto questo si deve aggiungere la definizione di san Paolo: «La donna che è veramente vedova e che è rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra alla preghiera giorno e notte» (1 Tm 5,5).

Sono compresi nella parte di Maria anche i ministri dell’altare: «Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atri. Ci sa-zieremo dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio» (Sal 65,5). Stando alla regola dell’apostolo, i diaconi dovevano occupar­si degli affari materiali della Chiesa, gli evangelisti dovevano andare in mezzo ai pagani, i vescovi dovevano governare. Ma gli anziani dovevano restare, più o meno in mezzo al popolo di Dio, nel segre­to della sua casa al servizio del culto «compiendo l’ufficio di preti», come leggiamo nel libro degli Atti degli Apostoli, «offrendo il sa­crificio di lode e di azione di grazie, insegnando, catechizzando, ma senza lasciarsi occupare o turbare dal mondo» (At 13,2).

Io non voglio dire che questi compiti diversi non fossero qual­che volta uniti in una medesima persona, ma in se stessi erano di­stinti; e la tendenza della disciplina degli Apostoli era di separare alcuni dalla moltitudine perché servissero Dio e la Chiesa rendendo grazie e intercedendo.

Potrei ricordare anche i fanciulli, come facenti parte della scelta di Maria. Prima che essi vadano nel mondo e siano afferrati dalla vita degli affari o da altra professione, il loro tempo di scuola deve essere in qualche modo una contemplazione del loro Maestro e Sal­vatore. Certamente non sono capaci di addentrarsi negli argomenti sacri così pienamente come sarà possibile in seguito. Non conviene forzarli a pregare in una maniera poco naturale; hanno bisogno di esercitarsi in modo attivo nell’obbedienza e nella disciplina, in vista dell’avvenire. Ma, dopo tutto (non lo dobbiamo dimenticare) colui che è il modello dei fanciulli come degli adulti, fu trovato, all’età di dodici anni, nella casa del Padre; e quando giunse per lui il mo­mento di subire la passione, i fanciulli gli andarono incontro gri­dando: «Osanna al figlio di Davide» (Mc 11,9), dando compimento a una profezia, e rendendosi degni di essere lodati da lui. Sappiamo anche, dall’autorità di san Paolo-se fosse necessario appellarsi ad essa in un punto così evidente-che la parte di Maria spetta più o meno alle persone non sposate. Dico «più o meno» perché la stessa Marta, sebbene non sposata, e ancora responsabile della casa, era in una certa misura un’eccezione; e che dei servi di Dio, come san Paolo, potevano restare senza sposarsi non per lavo­rare di meno, ma per lavorare più direttamente per il Signore.

Le parole di san Paolo, come alcuni hanno osservato, sembrano per lo più riferirsi al linguaggio usato nel nostro testo iniziale, se lo leggiamo nell’originale greco; cosa che è molto verosimile, poiché san Luca era un discepolo dell’apostolo, e il suo vangelo è stato ci­tato altrove da lui; come quando scrisse: «Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore per essere santo nel corpo e nello spirito… Questo lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un lac­cio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni» (1 Cor 34-35).

Vi è inoltre un gran numero di cristiani nella situazione di Ma­ria, in circostanze diverse, e non è possibile descriverli tutti; perso­ne ricche che hanno delle possibilità, o persone attive che hanno le loro ore di tempo libero, quando, per esempio, lasciano il lavoro ordinario per una ricreazione.

Nostro Signore aveva certamente di mira alcuni discepoli che l’avrebbero adorato in ogni luogo, non soltanto nel loro cuore, ma con un cerimoniale di devozione. «Voglio dunque, dice san Paolo, che tutti, compresi quindi gli uomini la cui punizione speciale è di mangiare il pane con il sudore della fronte» (Gn 3,19), «preghino dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese» (1 Tm 2,8).

Vediamo in effetti che lo stesso centurione Cornelio aveva trova­to il tempo, in mezzo ai suoi obblighi militari, di servire Dio conti­nuamente prima di divenire cristiano, e ne fu ricompensato con la conoscenza del Vangelo: «Egli pregava Dio continuamente, e le sue preghiere ed elemosine salirono a Dio come un memoriale» (At 10,4).

Infine bisogna includere nella parte di Maria le anime di coloro che sono vissuti e morti nella fede e nel timore di Dio. La Scrittura dice che «essi riposano dal loro lavoro» (Ap 14,3), e così come ce lo assicura il Libro sacro, la loro occupazione è la pre­ghiera e la lode. Mentre i servi di Dio qui in terra gridano verso Dio giorno e notte, i santi intercedono in cielo dal luogo del riposo, dietro l’altare, ad alta voce, per la difesa degli interessi che hanno lasciato dietro a loro: «Fino a quando, Signore, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti di questo mondo?» (Ap 6,10). «Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, perché hai messo mano alla tua grande potenza» (Ap 11,17).

Tale è la compagnia di quelli che hanno ricevuto la sorte di Ma­ria: gente avanzata in età e fanciulli, persone non sposate e sacerdo­ti di Dio, spiriti dei giusti resi perfetti, che alzano tutti insieme ver­so Dio, come Mosè sulla montagna, le loro mani sante, mentre i lo­ro fratelli combattono meditando le promesse del Salvatore, ascol­tando il suo insegnamento ed esercitando il suo culto.

2. Essendo questa la duplice caratteristica dell’obbedienza cri­stiana, osservo che la parte di Maria è la migliore delle due.

Se nostro Signore non lo dice espressamente, lo lascia però in­tendere: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte mi­gliore che non le sarà tolta» (Lc 10,42). A prendere tali parole alla lettera, si potrebbe concludere che il cuore di Marta non era retto con lui; ma come risulta da altri dettagli del racconto, questo non è vero. Quello che egli voleva dire è che la parte di Marta era piena di insidie, essendo una parte di lavoro umano, mentre Maria non poteva sbagliare facilmente nella sua; che c’è un tipo di occupazio­ne che non conviene; che c’è un’occupazione migliore cioè l’adora­zione; che servire Dio continuamente con la preghiera e la lode, quando lo possiamo fare insieme ad altri impegni, è aspirare alla «sola cosa necessaria»; o, per parlare con solennità, è aspirare a «questa buona parte che non ci sarà tolta».

È impossibile leggere attentamente le lettere di san Paolo senza renderci conto della fedeltà con la quale egli commenta questa re­gola di nostro Signore. Si può forse dubitare che esse parlino abbondantemente e sovente del dovere di adorazione, di meditazione, di riconoscenza, di preghiera, di lode e d’intercessione, e questo in maniera da spingere il cristiano, nella misura in cui gli altri doveri lo permettono, a farne l’uso ordinario della sua vita? Certamente non fino al punto di trascurare il proprio dovere di stato, o anche di dirsi soddisfatto se non si è dedicato a qualche opera attiva di beneficenza, per esempio l’educazione dei giovani, l’assistenza dei malati e dei bisognosi, l’occupazione pastorale, lo studio o qualche altro compito; ma compiuti gli altri doveri, sarà bene consacrarsi a passare la vita ai piedi di Gesù e ascoltare la sua parola. Non è qui un privilegio evidente, superiore a qualunque altro, se l’amiamo realmente, l’essere chiamati a questa vita soprannaturale?

Vediamo con i testi seguenti, che si aggiungono a quelli già cita­ti, se è possibile realizzarne pienamente il contenuto nel ritmo della vita ordinaria dei cristiani, benché tutti siano tenuti a coltivare nell’intimo, e in una certa misura ad attuare lo spirito che essi pre­conizzano. Vediamo se ci sono delle illustrazioni di quella parte mi­gliore di cui Maria fu favorita: «Perseverate nella preghiera, e ve­gliate in azioni di grazie» (Col 4,2). «La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sa­pienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni, e cantici spirituali» (Col 3,16). «State sempre lieti, in ogni cosa ren­dete grazie a Dio… non spegnete lo Spirito, non disprezzate le pro­fezie» (1 Ts 5,16; 20). «Desidero che si preghi dovunque e che si elevino delle mani sante» (1 Tm 2,8). «Non vi inebriate di vino, sorgente di eccessi, ma riempitevi dello Spirito, recitando tra voi salmi, inni, cantici spirituali, cantando e celebrando il Signore; ren­dendo grazie sempre e per tutte le cose, a Dio nostro Padre, nel no­me di nostro Signore Gesù Cristo» (Ef 5,18-20). «Prendete dunque l’armatura di Dio… State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia… Tenete sempre in ma­no lo scudo della fede… prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di,Dio.. Pregate inoltre incessan­temente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito vi­gilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi» (Ef 6,14-18). Così parla san Paolo.

San Pietro è sulla stessa linea “Gettate in lui tutte le vostre preoccupazioni» (esattamente come nel caso di Maria) “«perché egli si preoccupa di voi» (1 Pt 5,7) «Astenetevi dal vino per poter pregare» (1 Pt 4,7). E san Giacomo scrive: «Qualcuno tra voi è triste? Preghi. Qualcuno è lieto? Canti i salmi» (Gc 5,12).

Queste sono le ingiunzioni degli apostoli. Vediamo ora come furono attuate nella Chiesa primitiva. Prima della discesa dello Spirito Santo, gli apostoli «perseveravano (lo stesso termine usato da san Paolo) concordi nella preghiera insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1,14) «Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore lodando Dio» (At 2,46).

Questo privilegio dell’inizio della Chiesa, lo stare insieme con un sol cuore, finì presto. Vennero le persecuzioni che «dispersero (At 8,1) i cristiani su tutta la terra. Così essi dovettero assumere la parte di Marta, in quanto caricati di lavori materiali, piacevoli e penosi insieme; piacevoli perché predicavano il Vangelo sulla terra; ma penosi per il fatto che persero non solamente la loro tranquillità materiale, ma anche, in qualche modo, la loro quiete spirituale.

Come gente errante nel deserto eccoli condannati a interrompere i riti che avevano istituiti con la divina grazia. Qua e là, nel corso dei loro viaggi, incontravano un piccolo gruppo di fratelli «profeti e dottori impegnati nel ministero del Signore» (At 13,2) ad Antiochia; e a Cesarea le figlie di Filippo «nubile, che avevano il dono della profezia» (At 21,9), si riunirono in segreto per il culto, per paura dei nemici, e nel corso del tempo, quando la persecuzione divenne più accanita, fuggirono nel deserto, e là stabilirono la loro dimora per il servizio di Dio.

Così la parte di Maria fu tolta alla Chiesa durante molti anni, mentre infuriavano le persecuzioni. Anche san Paolo, questo grande apostolo, sebbene avesse avuto dei momenti privilegiati, quando fu rapito al terzo cielo e sentì gli inni degli angeli, fu anche un uomo di attività e di lavoro. Combatté per la verità e così pose le fondamenta del tempio. Fu inviato «a predicare, e non a battezzare» (Cor 1,17). Non gli fu concesso di costruire la casa di Dio… Non fece che raccogliere il materiale per l’edificio sacro. L’ordine del mi­nistero, la successione degli apostoli, il servizio del culto, la regola di disciplina, tutto quello che è calmo, dolce e riposante nella no­stra santa religione, fu estratto un po’ alla volta dalle sue lettere, dai discepoli, lungo il tempo, secondo che lo permetteva la situazione della Chiesa.

Di conseguenza, nella misura in cui c’erano periodi di pace, si alzavano costruzioni, nei vari luoghi, nelle caverne, nel deserto, nel­le montagne, dove vivevano nascosti i cristiani, fin quando venne l’ora della pace, e con essa la libertà di culto. Da quel momento fi­no ai nostri giorni, la parte di Maria è stata offerta a tutti i cristiani, purché si rendessero degni di riceverla. Sono molti oggi nelle diver­se categorie della società a poter gioire del privilegio della lode e della preghiera continua, e sedersi ai piedi di Gesù.

Ma dopo tutto essi non sono che una minoranza, mentre la mag­gioranza dei cristiani ha come giorno di riposo solo la domenica, il giorno del Signore; e tanti trascurano anche questo dovere. Ad al­cuni è concesso di servire Dio nella quiete del suo tempio. E chi so­no queste persone così favorite? L’abbiamo già detto in modo gene­rale: è tutto quello che si può dire in questa materia, in cui ciascuno deve decidere per se stesso secondo l’illuminazione dell’alto e il suo caso particolare. Ciò che possiamo dire con sicurezza, senza pro­nunciarci sugli individui, è che se c’è un’epoca nella quale la parte di Maria è abbandonata e screditata, questa epoca è necessariamen­te lontana dallo spirito del Vangelo.

Permettete che domandi, a modo di conclusione, e per vostra edificazione, se per caso non ci troviamo in tate situazione. Dico «per caso» perché in queste materie più che in altre, la gente espri­me meno apertamente i propri principi e i propri motivi, poiché si tratta di un rapporto immediato tra Dio e gli uomini.

Stando così le cose, non è forse questa un’epoca in cui poche persone, a causa dello stato della società, sono capaci «di dedicarsi continuamente alla preghiera e agli altri servizi esplicitamente reli­giosi»? Il desiderio della ricchezza non ha forse corroso talmente i cuori, che noi consideriamo la povertà come il peggiore dei mali e la sicurezza nella proprietà come la prima delle benedizioni? Che Mammona è talmente per noi la misura di tutto che, non contenti di lavorare noi stessi per lui, coinvolgiamo nel nostro interesse per­verso quelli che ci circondano, in maniera che non possono impe­dirsi di corrervi anch’essi appresso, magari contro la loro volontà? L’organizzazione della società non è forse tutta presa da tale ten­denza, da mobilitare al servizio del mondo quasi tutti i suoi mem­bri, volenti o anche nolenti? Una persona sarà considerata inutile se non si preoccupa di aprirsi una via nel perseguire quello che la Scrittura chiama «la radice di ogni male», nell’amore di quello che chiama «avarizia, che è idolatria» (Col 3,5).

Questo, ahimè, non si può negare. La conseguenza è che tutto il sistema di devozione tranquilla, di santa meditazione, d’affranca­mento dalle preoccupazioni del mondo, elogiato dal Signore nel ca­so di Maria, vien messo da parte, misconosciuto o piuttosto trascu­rato interamente, come lo è lo splendore del sole da un cieco; viene diffamato e ridicolizzato come qualcosa di disprezzabile e vano.

Non c’è nessuno così ingenuo il quale possa dubitare che, se Maria vivesse oggi, e scegliesse come programma lo stato di vita in cui la trovò il Cristo, e si contentasse di restare ai suoi piedi ad ascoltare la sua parola, distaccata da questo mondo affaccendato, sarebbe biasimata e guardata con pietà. Gli indifferenti la guarde­rebbero con occhio distratto e i sapienti con compassione, come una che spreca la vita e sceglie una parte noiosa e triste.

Ed è da molto tempo che le cose stanno così. Anche riguardo a santa Marta, così sollecita e fedele, non manca l’impazienza e lo sdegno con cui coloro che son diversi da lei, i figli di questo mon­do, guardano quelli che si consacrano a Dio. Da molto tempo, an­che riguardo a lei, siamo testimoni del modo superficiale e anticri­stiano che caratterizza la nostra epoca nel disprezzo degli esercizi di devozione. Non abbiamo sentito dire che il culto quotidiano non è necessario? Non abbiano sentito insinuare che non vale la pena per i sacerdoti di impegnarsi, se non c’è un numero sufficiente di persone, come se una sola anima non fosse abbastanza preziosa per l’amore di Cristo e la santità della Chiesa?

Si obietta anche che una chiesa, piena solo parzialmente, è uno spettacolo triste, come se, dopo tutto, nostro Signore Gesù Cristo avesse scelto la folla e non il piccolo numero per cercarsi i suoi di­scepoli. Si arriva a sostenere che un ministro cristiano non adem­pie la sua missione se non lavora per il grande numero, anche se in­differente, invece di lavorare per un piccolo gruppo di gente più religiosa e devota.

Ci deve essere qualche cosa di sbagliato in mezzo a noi, per il fatto che i nostri difensori esaltano la Chiesa fondandosi sulla sua attività, la sua popolarità e la sua visibile utilità, e non avrebbero al­cuno scrupolo ad abbandonarci, se non avessimo il numero dalla nostra parte. Se nostro motivo di gloria è che la gente ricca, i po­tenti e la folla ci amano, non ci sarebbe motivo di trarne gloria dal punto di vista religioso; anzi questo potrebbe servire a nostra con­danna.

Cristo accoglie alla sua tavola «i poveri, gli zoppi, gli storpi e i ciechi». Sono la vedova e l’orfano, il malato, il disperato, il devoto, uniti nella preghiera, che costituiscono la forza della Chiesa. Sono le loro preghiere, siano essi pochi o molti, sono le preghiere di Ma­ria e di coloro che la imitano, che danno salvezza a quelli che, come Paolo e Barnaba, affrontano i combattimenti del Signore. «È lavoro perduto alzarsi presto, coricarsi tardi, mangiare il pane del dolore», se le preghiere vengono interrotte. È pura follia, pensare di resiste­re ai nemici che in questo momento sono alle porte, se le nostre chiese rimangono chiuse e noi diamo alla preghiera solo pochi mi­nuti al giorno.

Beati in verità quelli che il Cristo chiama perché ascoltino la sua parola, siano suoi servitori privilegiati e suoi familiari; ancora più beati se obbediscono alla loro vocazione e se ne mostrano degni. Beati ancora se è loro permesso di cogliere alcuni momenti nel ser­vizio che compiono per Cristo Signore; ma favoriti e onorati al di sopra di tutto, se possono, senza rompere con il dovere, mettere da parte, con tutto il cuore, ciò che è del mondo, rinunciare al perse­guimento delle ricchezze, liberarsi dalle preoccupazioni della fami­glia, alfine di presentarsi come un’offerta santa senza macchia, a co­lui che è morto per loro. Essi sono «quelli che lo seguono dovun­que vada» (Ap 14,4).

A loro sono rivolte in modo speciale le lezioni di fede e di rassegnazione registrate nel Vangelo: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni…Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo come lo vestirete… Guardate i gigli del campo, come crescono; non filano, non tesso­no… Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’anima in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piutto­sto il Regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12,15-31).

Beato John Henry Newman, PPS vol III, 22, “The good part of Mary”,

testo italiano in: John Henry Newman, Sulla preghiera, Jaca Book, 1995, 123-135.