GEISSLER H., In attesa di una luce più chiara,

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La speranza cristiana secondo John Henry Newman, L’Osservatore Romano CXLVIII (21.2.2008) 44, 5.

Hermann Geissler
Direttore del Centro Internazionale
degli Amici di Newman

Nell’enciclica Spe salvi Benedetto XVI scrive: “La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata” (n. 49).
Una tale luce vicina è il cardinale John Henry Newman. In occasione dell’anniversario della sua nascita (21 febbraio 1801) può essere opportuno richiamare alcuni pensieri del suo messaggio sulla speranza, un messaggio che non ha perso niente della sua freschezza e attualità. È un tema che brilla in tante sue opere e soprattutto nei suoi sermoni. Proviamo a ripercorrerlo tenendo presente quattro aspetti: l’attesa, la tensione alla beatitudine, la fiducia in Cristo, la vigilanza.

L’attesa

“È la condizione di ogni spirito religioso che non abbia la conoscenza di Cristo: è in attesa”. La voce interiore della coscienza parla ad ogni persona umana, ingiungendole, al momento opportuno, di compiere il bene e di evitare il male. Secondo Newman essa è “la messaggera di Colui che, nel mondo della natura come in quello della grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida (…) È il primo di tutti i vicari di Cristo”. Ma questa voce interiore è spesso debole e oscura, inoltre rivela il peccato ma non può liberare dal peccato. In questo modo conduce la persona a essere in attesa di una luce più chiara. Risveglia un desiderio nel più intimo della persona, che, secondo Newman, verrà soddisfatto solo con la venuta di Colui che è la Verità e la Pace.
Chi ha accolto il Salvatore nel suo cuore e nella sua vita ha certamente, in qualche modo, già colmato questo profondo desiderio, ma non è ancora giunto alla perfezione. Anche il cristiano è in attesa di qualcosa o – meglio – di qualcuno che nella fede può conoscere già in umbris et imaginibus.

Verso la beatitudine

“La nostra reale e vera beatitudine – diceva Newman – consiste nel possesso di quegli oggetti nei quali i nostri cuori possano riposare ed essere soddisfatti”. Molti cercano solo in questo mondo l’adempimento delle loro speranze. Saltano da un bene all’altro, senza trovare felicità duratura e pace vera. Tutte le speranze mondane passano come il mondo stesso passa. Con visione profetica, Newman già vide la secolarizzazione della speranza cristiana che avrebbe segnato il nostro tempo. Senza stancarsi esortò a preporre il mondo invisibile a quello visibile e a non attaccare il proprio cuore alle cose passeggere. “Dopo la febbre della vita, dopo le stanchezze e le malattie, le battaglie e gli scoraggiamenti, la fiacchezza e l’irritabilità, dopo esserci sforzati e aver fallito, dopo esserci sforzati ed essere riusciti, dopo tutti i cambiamenti e le opportunità di questa tormentata condizione, finalmente giunge la morte, finalmente giunge il trono di Dio, finalmente la visione beatifica. Dopo l’agitazione viene il riposo, la pace, la gioia – la nostra porzione eterna, se ne saremo degni – la visione della beata Trinità”. L’ultimo scopo della speranza cristiana è il Dio dell’amore, la Santa Trinità. Verso di Lui si protende la speranza, perché solo Lui può dare vera pace a quei cuori che la bramano interiormente – non solo nel mondo futuro, ma anche in quello presente.

Fiducia in Cristo

È un’utopia la speranza cristiana? Lo spirito umano, nella sua piccolezza e manchevolezza, è capace di mirare a un bene talmente alto e grande?
Nel suo sermone “Dio onnipotente. Il motivo per la fede e la speranza”, Newman risponde a questa domanda con l’osservazione che Dio “non è solo onnipotente ma anche pieno di misericordia (…) La presenza di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo ci spinge alla speranza tanto quanto alla fede, perché il suo stesso nome significa Salvatore, e perché era tanto amabile, mite e amorevole quando era sulla terra”. La speranza è basata sulla fede nell’amore e nella misericordia di Dio. Non è una nostra conquista, ma una grazia – un dono da abbracciare con fervore, da custodire con cura e da vivere con fiducia.
Accade che spesso i cristiani oggi, come gli apostoli nella barca, siano sballottati qua e là dalla furia della tempesta. Hanno paura che Cristo “dorma” e diventano timorosi, perdono coraggio e non vedono alcuna via d’uscita. “Perché temete?”, disse Gesù ai suoi discepoli. Newman sviluppa e rende più attuale questa domanda: “Dovreste sperare, dovreste essere fiduciosi, dovreste porre i vostri cuori in me. La tempesta non può farvi del male se io sono con voi. Potreste stare meglio altrove che sotto la mia protezione?”.
La speranza cristiana trascende tutti gli ideali del mondo, tutti i desideri umani. È una virtù divina. La fiducia in Cristo è la sua sicura áncora e il suo solido fondamento. “Guardate in alto, e vedete, come è naturale, una grande montagna da scalare; dite: è mai possibile che noi possiamo trovare un sentiero in mezzo a questi enormi ostacoli? Non dite così, miei cari fratelli, guardate in alto con speranza, fidatevi di Lui che vi chiama a proseguire”.

Vigilate e pregate

La speranza non impedisce al fedele di compiere i suoi doveri terreni, ma, al contrario, lo sollecita ad assumersi le sue responsabilità qui e ora. Il fedele cerca in ogni tempo e in ogni cosa la volontà di Dio e il bene degli uomini nei quali riconosce il volto del Signore. Egli vive in una grande vigilanza.
“Non dobbiamo semplicemente credere, ma vigilare; non semplicemente amare, ma vigilare; non semplicemente obbedire, ma vigilare. Vigilare per cosa? Per quel grande evento che è la venuta di Cristo”. Per venuta di Cristo Newman intende non tanto il ritorno del Signore nell’ultimo giorno, quanto anche la sua venuta negli eventi della vita quotidiana. “Veglia per Cristo chi ha una mente sensibile, premurosa, sollecita, ricettiva; chi è desto, consapevole, con un pronto discernimento, zelante nel cercare e onorare il Signore; attento a vederlo in tutto quanto avviene, e che non sarebbe sorpreso, non oltremodo turbato o sopraffatto, se si rendesse conto che sta venendo immediatamente”.
Oltre alla vigilanza Newman vede la preghiera come la realizzazione concreta della speranza cristiana. La preghiera esprime e fortifica la speranza in mezzo alle fatiche della vita. “Così il vero cristiano passa attraverso il velo di questo mondo e vede il mondo futuro. Si intrattiene con esso; si rivolge a Dio come un bambino si rivolgerebbe ai genitori, con la stessa chiara percezione e incondizionata fiducia in Lui; con profonda devozione, certamente, e sacro e riverenziale timore di Dio, ma anche con sicurezza e lucidità, come esprime bene san Paolo: “So in chi ho creduto””.

(©L’Osservatore Romano – 21 febbraio 2008)