Newman e il valore del tempo

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“Un nuovo anno si apre per noi; esso parla a quelli che pensano e trova ascolto in coloro che hanno orecchi vigilanti nell’attesa della venuta di Cristo. Il vecchio anno è finito, è morto, giace ora nella tomba del passato. Esso però non è annullato o dimenticato, rimane registrato nello sguardo dell’onniscienza di Dio” (PS VII, 9) [1].
Lectionary in Newman's chapel at Littlemore Queste parole, pronunciate da John Henry Newman il 1° gennaio 1832, ci possono stimolare a riflettere un po’ sul significato del tempo che ci è dato.

La brevità del tempo

In una circostanza particolare Newman afferma sull’ufficio del predicatore: “Tutto il suo agire è orientato a ricordare agli uomini che il tempo è breve, la morte certa e l’eternità lunga” (PS VIII, 147). Con questa perentoria affermazione Newman non intende negare o svalutare la responsabilità del cristiano per il mondo, ma richiamare l’attenzione sui valori eterni e permanenti, e ricordare la fugacità di ogni cosa temporale che cade inarrestabilmente nella “tomba del passato”.

Non di rado ai nostri giorni il pensiero sulla brevità del tempo viene scacciato. E’ diffusa una certa mentalità secondo la quale la vita dell’uomo sulla terra non avrebbe fine. Ciò che fa pensare alla fugacità e alla morte, viene represso oppure considerato fastidioso. Per Newman, invece, di fronte al pensiero sulla morte l’uomo per sua indole naturale si indietreggia, ma esso ha un valore utile e salutare. In una predica sulla fugacità del tempo egli descrive come l’uomo, al cospetto della morte, intuisce spontaneamente il significato del tempo che gli è stato dato: “Come infinitamente importante gli compare il valore del tempo, che ora non gli rimane più a disposizione. Anche se dovesse aspettare il Cristo ancora per secoli, egli non potrebbe cambiare più nulla nella sua condizione, né da male in bene né da bene in male. Nella condizione in cui muore, dovrà rimanere per sempre… Che stima del tempo dovremmo avere al cospetto del giudizio! Sì, tutto questo riguarda noi – lo ripeto, è la nostra personalissima cosa” (PS VII, 6).

La pienezza del tempo

Il predicatore di Oxford non parla soltanto della fugacità del tempo, che conferisce alla vita umana la sua serietà. Nella fede egli vede il tempo orientato a Cristo e riempito da Cristo, che è il suo centro. Il tempo prima di Cristo, il desiderio del cuore umano, la conoscenza dei filosofi e l’annuncio dei profeti trovano la loro meta e il loro compimento nell’incarnazione del Figlio di Dio. “Cristo venne proprio per questo, per riunire tutti gli elementi di bene dispersi nel mondo, per farli suoi, per illuminarli, per riformarli e riplasmarli in sé. Egli venne per realizzare un nuovo principio di tutte le cose, migliore di quanto fosse stato Adamo, e per essere la sorgente dalla quale, da quel momento in avanti, potesse sgorgare tutto il bene. Perciò si afferma che ‘nella pienezza dei tempi’ l’Altissimo ‘ricapitolò tutte le cose in Cristo, quelle celesti e quelle che sono sulla terra’ (Ef 1,10)” [2].

In molti discorsi Newman parla del mistero dell’incarnazione. Egli sottolinea la divinità del Signore e la sua esistenza, “quando il tempo non era ancora”, e rende testimonianza della sua venuta nel tempo, “in questo mondo mortale” (PS II, 30, 32), per liberarci dalla tomba della mortalità e aprirci la porta all’eternità. “Dalla sua nascita egli è l’Unigenito e l’Immagine di Dio. Assumendo la nostra carne, non è stato contaminato, ma ha innalzato con sé la natura umana, mentre ascendeva dall’umile presepio alla destra della Potenza. In tal modo egli ha innalzato anche la natura umana, salvandoci come uomo, dominando su tutte le creature come uomo, unito con il Creatore. Come uomo giudicherà gli uomini nell’ultimo giorno” (PS II, 39).

Cristo è l’inizio dell’ultimo tempo. Egli porta il tempo nelle sue mani e dà ad ogni momento un valore all’eternità. Il tempo dopo Cristo è pertanto un tempo di grazia, un tempo riempito dalla presenza del Signore. Colui che è tornato nel seno del Padre eterno, rimane nello stesso tempo presente nel tempo, facendoci, nella grazia, già partecipi dell’eternità. Per mezzo della Chiesa e dei suoi sacerdoti viviamo nella presenza di Cristo; “quanto essi fanno è lui che lo fa; quando essi battezzano, egli battezza; quando essi benedicono, egli benedice. Egli è in tutte le azioni della sua Chiesa, ed una sua azione non è più di Cristo di un’altra azione, perché tutte sono sue. In tutti i tempi del Vangelo, quindi, siamo vicini alla sua croce. Stiamo, per così dire, sotto di lui e riceviamo, da lui stesso, le sue benedizioni; tuttavia, dal momento che, storicamente parlando, il tempo è andato avanti, e che colui che è santo è lontano, sono necessarie certe forme esteriori, allo scopo di portarci di nuovo sotto la sua ombra; e noi godiamo queste benedizioni mediante un mistero, ossia in modo sacramentale, allo scopo di poterne godere realmente” (PS VI, 242).

Il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio non è qualcosa che appartiene al passato. Il Signore vive nella sua Chiesa e la Chiesa in Lui. Egli è la nostra roccia per il futuro. Newman ci incoraggia: ” ‘Il Verbo si fece carne e abitò tra noi’ (Gv 1,14); ecco la verità gloriosa, impenetrabile, incomprensibile, da cui dipendono tutte le nostre speranze per il futuro” (SVO, 76)[3].

Il dono del tempo

Come cristiani siamo chiamati ad utilizzare la grazia di ogni momento, seguendo la chiamata di Cristo nella fede. “Il tempo non si ferma per nessuno; avanza e passa. L’appello è stato lanciato: bastò una parola. La parola è detta: se non si accetta è subito troppo tardi. L’ora è trascorsa; se non afferriamo l’istante, questo è perduto. Cristo era come un viaggiatore diretto verso il cielo; proseguiva nel suo viaggio senza tornare indietro. Viaggiava lungo il lago di Galilea, l’oltrepassava (cf. Mt 4,18), gli passava accanto (Mc 2,14), non si fermava mai. Tocca agli uomini raggiungerlo; se invece lo si lascia passare, la chiamata viene indirizzata ad altri” (PS VIII, 21). Il Signore dà la grazia per il tempo, ma non dà tempo infinito per rispondere alla grazia. Egli vuole che cogliamo la grazia nel tempo nel quale essa ci viene offerta. La conversione di Newman alla Chiesa cattolica ne è un esempio eloquente. Quando durante lo studio su “Lo sviluppo della dottrina cristiana”[4] riconobbe che i recenti insegnamenti cattolici non sono espressione di corruzione ma di sviluppo del deposito originario della fede, egli decise senza ulteriore dilazione di associarsi alla Chiesa cattolica. Il suddetto studio, rimasto incompiuto, finisce con il “Nunc dimittis” e le parole: “Il tempo è breve, lunga è l’eternità” (Dev, 445).

Il dono del tempo è prezioso. Dobbiamo utilizzarlo in modo consapevole e riconoscente; ci offre la possibilità di diventare simili a Cristo e di raggiungere in lui la pienezza della vita. “Questo è dunque il beneficio che già nella vita presente ci offre il cristianesimo; non soltanto il rinnovamento della nostra natura morale ricondotta a quella originaria di Adamo, ma l’unione di tutte le sue facoltà per formare l’uomo perfetto ‘all’altezza di statura della pienezza di Cristo’ (Ef 4,13)”[5]. Negli anni che ci sono dati, siamo chiamati a lasciarci rinnovare dalla grazia di Cristo, accogliendola generosamente con la fede e con la conversione; “qui sulla terra vivere è mutarsi e la perfezione è il risultato di molte trasformazioni” (Dev, 40).

La vita nella verità di Cristo è una vita santa, conferendo ai credenti e alla Chiesa un cospetto bello, invitante ed attirante. Una tale vita non consiste in cose straordinarie, ma nel compimento fedele dei doveri quotidiani. Con grande semplicità Newman scrive come anziano: “Se voi mi domandate che cosa dovete fare per essere perfetti, io vi risponderò: Non rimanete in letto, dopo suonata l’ora fissata per la levata; rivolgete i vostri primi pensieri a Dio; fate una breve visita a Gesù in sacramento; recitate devotamente l’Angelus; mangiate e bevete per la gloria di Dio; recitate bene la vostra corona; siate raccolti; cacciate i cattivi pensieri; fate con devozione la vostra meditazione della sera; esaminate ogni giorno la vostra coscienza; giunta l’ora coricatevi, e sarete già perfetti”[6]


[1] J. H. Newman, Parochial and Plain Sermons (PS), Vols. I-VIII. Westminster, Md: Christian Classics, 1966-1968.

[2] J. H. Newman, Lectures on Justification. Westminster, Md.: Christian Classics, 1966, 193-194.

[3] J. H. Newman, Sermons Preached on Various Occasions. Westminster, Md.; Christian Classics, 1968.

[4] J. H. Newman, An Essay on the Development of Christian Doctrine (Dev). Westminster, Md.: Christian Classics, 1968.

[5] J. H. Newman, Fifteen Sermons Preached Before the University of Oxford Between A.D. 1826 and 1843. London: Rivingtons, 1890, p. 48.

[6] Meditations and Devotions of the Late Cardinal Newman. Westminster, Md.: Christian Classics, 1975, p.286.