L’urgenza di una nuova amicizia tra fede e ragione secondo Newman e Benedetto XVI

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Professore Fortunato Morrone

1. La passione per la verità che ha segnato e segnerà l’esistenza di grandi uomini e donne per i cristiani scaturisce dall’aver incontrato e fatto esperienza della verità incarnata, il Logos incarnato del Padre, Gesù. «La passione per la verità – ha ricordato Benedetto XVI qualche giorno fa – ci spinge a rientrare in noi stessi per cogliere nell’uomo interiore il senso profondo della nostra vita. Una vera filosofia dovrà condurre per mano ogni persona e farle scoprire quanto fondamentale sia per la sua stessa dignità conoscere la verità della Rivelazione. Davanti a questa esigenza di senso che non dà tregua fino a quando non sfocia in Gesù Cristo, la Parola di Dio rivela il suo carattere di risposta definitiva. Una Parola di rivelazione che diventa vita e che chiede di essere accolta come sorgente inesauribile di verità»[1]. Queste parole delineano a grandi, ma significative tratti l’esemplare esistenza credente di J. H. Newman e ci offre così come l’incipit per entrare nel tema che ci è stato assegnato, attingendo dall’ormai famoso discorso accademico di Benedetto XVI svolto nell’università di Regensburg (12.09.2006).

Pensieri del Cardinale Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) su John Henry Newman

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Newman ha esposto nell’idea dello sviluppo la propria esperienza personale d’una conversione mai conclusa, e così ci ha offerto l’interpretazione non solo del cammino della dottrina cristiana, ma anche della vita cristiana. Il segno caratteristico del grande dottore della Chiesa mi sembra essere quello che egli non insegna solo con il suo pensiero e i suoi discorsi, ma anche con la sua vita, poiché in lui pensiero e vita si compenetrano e si determinano reciprocamente. Se ciò è vero, allora davvero Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa, perché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero.

Newman – uno dei grandi maestri della Chiesa

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Conferenza di Joseph Cardinale Ratzinger (Papa Benedetto XVI) ll 15 maggio 1879 Papa Leone XIII elevò John Henry Newman alla dignità cardinalizia, riconoscendo così i suoi straordinari meriti non solo per i fedeli in Inghilterra, ma anche per la Chiesa universale. Per commemorare questo evento, pubblichiamo di seguito un Discorso, in cui il Cardinale Joseph Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI, ha rivelato il suo personale approccio a Newman, mettendo in evidenza l’attualità di questo grande maestro della Chiesa per il nostro tempo. Il Discorso è stato pronunciato durante il centenario della morte di Newman (1990) in occasione di un Simposio organizzato dal Centro degli Amici di Newman, diretto da membri della Famiglia spirituale “L’Opera”.

John Henry Newman – Compagno nel cammino della Fede

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La fede ci introduce nel mistero di Gesù, nella Parola che si è fatta carne e che ci avvicina al Salvatore, a Colui che vuol trarre a sé tutti gli uomini. Condurre le persone alla fede e accompagnarle nel loro cammino di fede era per John Henry Newman l’obiettivo principale della sua molteplice attività. Le seguenti pagine vogliono evocare alcuni insegnamenti delle sue opere, specialmente delle sue omelie. Che cosa è la fede?

“Cor ad cor loquitur” Il motto cardinalizio di John Henry Newman

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Quando nel 1879 John Henry Newman venne nominato Cardinale, non si fece disegnare un proprio stemma, ma adottò con pochi cambiamenti uno stemma del XVII secolo, ereditato dal padre. Egli non formulò nemmeno un proprio motto, ma scelse il detto “Cor ad cor loquitur” che sentiva così familiare tanto da ritenerlo della Bibbia o dell’Imitazione di Cristo. ..

Newman e la questione della Chiesa

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Sr. Kathleen Marie Dietz
Nell’Apologia pro vita sua Newman scrive che la sua conversione dalla Comunione anglicana alla Chiesa cattolica fu “come entrare in porto dopo essere stati nel mare in burrasca”1 . Vorremmo riflettere un po’ su questa scena e aggiungervi un’altra immagine, quella del faro, che aiutò Newman a trovare il porto. Cercheremo di esplorare le ragioni per cui le acque del mare si agitarono e di porre la questione che Newman dovette affrontare per arrivare al porto. Per dirla in breve, si tratta della questione della Chiesa. Che specie di luce fu quella che guidò Newman al porto della Chiesa cattolica attraverso i flutti di un mare in burrasca? Quel faro fu la divina Provvidenza.

La carità, l’unica cosa necessaria

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“La carità nel suo duplice volto di amore per Dio e per i fratelli è la sintesi della vita morale del credente. Essa ha in Dio la sua scaturigine e il suo approdo” (“Tertio millennio adveniente” n. 50). Ciò che segue sono riflessioni su alcuni brevi pensieri dai discorsi di Newman sul tema dell’amore.

Pensieri di John Henry Newman (1801-1890) sulla santità

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Nella Lettera Apostolica Novo millennio ineunte il Papa Giovanni Paolo II elenca alcune priorità per la pastorale nel nuovo millennio. Anzitutto egli richiama la vocazione di tutti i cristiani alla santità. “In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità.”

John Henry Newman – Guida per una vita nella speranza

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Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica “Tertio millennio adveniente” ci invitava “a riscoprire la virtù teologale della speranza… Il fondamentale atteggiamento della speranza, da una parte, spinge il cristiano a non perdere di vista la meta finale che dà senso e valore all’intera sua esistenza e, dall’altra, gli offre motivazioni solide e profonde per l’impegno quotidiano nella trasformazione della realtà per renderla conforme al progetto di Dio” (n. 46).

Riflessioni sulla Divina Provvidenza

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Il 21 febbraio 1801 John Henry Newman nacque a Londra, figlio di un banchiere e primo di sei rampolli. Solo la Divina Provvidenza poteva allora sapere che tale giorno fosse ricordato perfino duecento anni più tardi. Da giovane Newman, specialmente nell’anniversario della sua nascita, aveva l’abitudine di guardare al passato, ma non solo con una visione puramente umana che ricordasse solo dolori e gioie, ma nella luce della Divina Provvidenza, e scriveva ciò che egli chiamava il “resoconto del compleanno.” In tal senso leggiamo, per esempio nel suo diario del 21 febbraio 1822: